Rik Kirkland, the senior managing editor of McKinsey Publishing, interviews Andrew McAfee, principal research scientist at the Massachusetts Institute of Technology (MIT) and cofounder of the MIT Initiative on the Digital Economy.
Perché fra dieci anni pagheremo le babysitter più degli avvocati.
In questo periodo la parola di moda è Intelligenza Artificiale, e più si favoleggia delle magnifiche sorti e progressive di un mondo dominato da macchine che imparano da sole, quanto più si alza vigoroso il coro dei neo luddisti che lamentano la perdita del lavoro di milioni di colletti bianchi, tassisti e e camionisti falcidiati dall’avanzare freddo e inesorabile dei nuovi robot. Un coro che non sembra troppo dissimile da quello che nella prima metà del 19esimo secolo si alzava da chi lamentava la perdita del lavoro di intere falangi di povere tessitrici esautorate dall’arrivo del freddo e meccanico telaio a vapore.
Ok è vero.
Avete ragione.
Tutte queste persone perderanno il loro lavoro attuale. Ma proviamo a porre diversamente la domanda. Quello che fanno tassisti, camionisti e milioni di impiegati nel mondo è un lavoro umano? E’ cioè un lavoro che richiede la loro “umanità”? Ovvero richiede loro che oltre a essere competenti siano “creativi”, oppure che valorizzino il lato “emotivo” della loro personalità? o infine sono attività che li pongono continuamente in un dilemma “morale” se ciò che fanno sia bene o male?
Beh se guardiamo la gran parte dell’attività routinaria che li coinvolge, per la stragrande maggioranza di essi tutta questa “umanità” non è richiesta. Prendiamo un tassista o un camionista, in generale ciò che gli è richiesto è sostanzialmente di condurre un veicolo dal punto A al punto B rispettando il codice della strada, senza andare fuori strada o danneggiare il proprio veicolo o quello degli altri conducenti in circolazione, quale creatività, emozionalità o giudizio morale gli è richiesto? Oppure prendiamo una cosiddetta “nobile” professione, come quella di un buon avvocato: questi deve conoscere molto bene la legge (e infatti il percorso di studio è in gran parte un robusto esercizio mnemonico) e sapere in che condizioni applicarla, ma la creatività ahimè riguarda solo una piccola parte della sua attività, peraltro molto ben retribuita.
Ecco se continuiamo questo ragionamento scopriremo che la nostra società ha una sorta di distonia percui predilige e retribuisce molto bene professioni che non richiedono di essere particolarmente umani, mentre paradossalmente non attribuisce grande valore a professioni o incarichi che richiedono capacità prettamente umane (creatività, emotività) come quella della babysitter. E che al contempo hanno un impatto incredibile nel lungo periodo (se è vero che buona parte degli aspetti fondamentali del carattere di una persona si formano nei suoi primi anni di vita).
Allora forse l’avanzare delle tecnologie di intelligenza artificiale potrebbe essere l’occasione per ripensare cosa è veramente umano e merita di essere fatto da un uomo. Potrebbe essere l’occasione per un grande cambiamento del paradigma di giudizio del valore che abbiamo nelle nostre società. E per finalmente riscoprire il giusto valore delle cose. E che forse una babysitter, non può essere solo una adolescente volenterosa, ma deve essere formata a curare adeguatamente alcuni tra i beni più preziosi che abbiamo, come i nostri figli. E quindi pagata adeguatamente. Mentre gran parte del lavoro di un avvocato – almeno la parte meno “umana” – può essere fatta da una macchina. E questo sta già succedendo (sostituire gli avvocati con le macchine, non pagare di più le babysitter…).